pensiero in migrazione

PENSIEROinMIGRAZIONE propone punti di vista, argomenti, approfondimenti, appunti sulle trasformazioni sociali e umane suscitate dai processi migratori, proposte per combattere il razzismo e la xenofobia con gli strumenti della rivoluzione nonviolenta e dello scambio interculturale

19.11.06

appunti sull’itentità: INCONTRI ED ECLISSI DELL’IDENTITÀ*

La contrapposizione tra individui e culture, la categoria amico-nemico, nelle sue infinite variazioni, è stata la categoria portante delle culture del passato che hanno conosciuto sì scambi profondi, ma sempre restando fedeli alla dinamica dell’antagonismo. “Eppure, ecco un passaggio importante - afferma Calducci – l’uomo non si definisce del tutto con la cultura che gli ha dato identità. Sotto l’homo editus (l’ebreo, il romano, il tedesco, il cinese, il nero e così via) c’è l’homo absonditus, l’uomo come infinita riserva di possibilità ancora inedite ma che potrebbero diventare positività storica se non restassero mortificate dalla pressione delle culture storicamente determinate. È suggestivo quanto dice Chomsky nella sua “teoria della sintassi”: gli uomini usano grammatiche diverse, a seconda della loro cultura, ma sotto le grammatiche superficiali c’è una ‘grammatica generativa’ che consente anche a un bambino di 3 anni di imparare lingue diverse e di passare da una all’altra. Per diverso che sia da me il nero senegalese che incontro, c’è in comune a entrambi una ‘grammatica generativa’, di più: c’è una ‘umanità nascosta’ che aspira al superamento delle nostre due culture, aspira insomma a un modo di convivere che lasci alle sue spalle la nostra massiccia e impenetrabile diversità”.
“Le diversità - afferma a sua volta Felice Rizzi - non sono una bandiera da sventolare sulle città che si dichiarano pluraliste: sono valori costitutivi delle persone, sono il riconoscimento dell’uguale natura che si esprime al plurale. (…) La diversità è il volto concreto dell’uguaglianza ontologica: riconoscersi diversi è riconoscersi appartenenti alla matrice dell’umanità; è ‘fare i conti con tutti, senza idealizzare e senza disprezzare, senza escludere e senza esaltare’(…)”.
(di fronte alla diversità) invece della repulsione dovremmo sentire ammirazione e rispetto perchè la diversità ci appartiene. Mentre la repulsione etnica è un fatto che appartiene alla cultura del ‘nemico’ percepito come minaccia. Di qui la dinamica conflittuale tra etnie in cui ha la sua remota radice il sentimento di repulsione per l’estraneo che nell’età moderna si è ideologizzato dando luogo al razzismo. Ogni individuo costruisce il senso di sé nell’etnia a cui appartiene e lo esprime nella repulsione per l’estraneo che (…) gli appare come una minaccia. Che il segno della diversità sia il colore della pelle, la lingua indecifrabile (‘barbaro’ per gli antichi greci è chi non sa parlare), la patria diversa o la differente religione è di secondaria importanza: la spinta oscura che porta alla ripulsa per l’altro è in tutti i casi, la paura della perdita della propria identità che, dal punto di vista psicologico, è la pietra angolare della sicurezza. L’attuale mescolamento delle ‘razze’ rischia di far riaffiorare questa xenofobia ancestrale. “Siamo nella fase ‘planetaria’ dell’evoluzione umana” afferma Calducci. Per cui occorre una conoscenza adeguata alla dimensione che sul piano del linguaggio politico ricorrente si chiama ‘interdipendenza’, della reciprocità dove finalmente il “nemico” diventa semplicemente l’“altro”. Il senso del futuro che viene, afferma Lévinas è “l’epifania dell’altro”, l’apparizione dell’altro. Questo sentire le altre culture come portatrici di doni vuol dir che c’è in noi un’umanità comune di cui le culture diverse sono un’espressione parziale, che le possibilità umane che sono dentro di noi ci affratellano a tutti gli uomini, diversi da me per cultura, ma uguali a me nella ricerca di una totalità che non si identifica con alcuna cultura. Il nostro compito odierno è garantire l’uguaglianza delle differenze.

*appunti tratti dall’articolo di Angelo Negrini (Officiale del Pontificio Consiglio), apparso sul n° 86 di “People on the Move”, del settembre 2001, trad. di PiM

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