pensiero in migrazione

PENSIEROinMIGRAZIONE propone punti di vista, argomenti, approfondimenti, appunti sulle trasformazioni sociali e umane suscitate dai processi migratori, proposte per combattere il razzismo e la xenofobia con gli strumenti della rivoluzione nonviolenta e dello scambio interculturale

28.10.06

ELEZIONI CONGOLESI - ultime news dai Beati Costruttori di Pace

Ultimo giorno di campagna elettorale oggi nella Repubblica Democratica del Congo. Per tutto il giorno sono proseguiti cortei rumorosi di auto e marce di manifestanti inneggianti ai candidati con canti e balli che durano fino a notte inoltrata. Per le presidenziali, a Bukavu come nella maggior parte dell'Est del Paese, il favorito rimane il presidente uscente Joseph Kabila, forte di un consenso che da queste parti è arrivato al 90% alla prima tornata elettorale (contro il 45% a livello nazionale). Lo stesso vale per i candidati all'assemblea provinciale appartenenti al suo partito, il PPRD (Partito popolare per la ricostruzione e lo sviluppo) e ai partiti alleati. *Ma nel resto del Paese il risultato finale non è per nulla scontato.Dalla mattina di sabato 28 ottobre, è imposto il silenzio elettorale in attesa dell'apertura delle urne, domenica alle 6 del mattino. La giornata è stata funestata dalla notizia di nuove tensioni nella città di Gbadolite, nella provincia dell'Equateur, Nord-ovest del Paese. Qui Nzanga Mobutu (figlio dell'ex presidente Mobutu Sese Seko) e a sua volta giunto quarto (con il 4% dei consensi) al primo turno delle presidenziali, è stato trattenuto per un'intera notte nella sede di Radio Libertà, sostenitrice del candidato Jean Pierre Bemba, dove sarebbe dovuto essere intervistato. La presenza a Gbadolite (uno dei “feudi” di Bemba) di Mobutu, il quale settimane fa ha dichiarato che sosterrà Kabila al ballottaggio di domenica, ha fatto sì che la sede della radio venisse circondata dai miliziani bembisti. Non è chiaro se l'azione sia avvenuta in conseguenza a una provocazione dell'una o dell'altra parte, fatto sta che nella sparatoria scatenatasi all'esterno della radio tra miliziani e guardie di Mobutu hanno perso la vita 4 persone, di cui 3 poliziotti intervenuti per risolvere la situazione, e un miliziano di Bemba. Solo questa mattina alle 8.30 ora locale Mobutu è potuto uscire dalla sede della radio: secondo la Monuc dovrebbe essere già arrivato nella capitale Kinshasa. In mattinata è giunta anche la notizia dell'uccisione di tre detenuti della prigione di Kinshasa e della morte di un sostenitore di Bemba accoltellato da un kabilista a Lodja (nel Kassai orientale). Nel frattempo, il primo gruppo di osservatori italiani, stanziati nella regione del Sud Kivu, hanno cominciato la loro missione. I volontari hanno visitato i centri di voto all'interno dei quali si trovano i seggi a loro assegnati, e conosciuto i responsabili locali della Cei, la Commissione elettorale indipendente. Alcuni hanno anche potuto partecipare da spettatori alla formazione con simulazioni di spoglio e conteggio dei voti, organizzata dalla Cei per chi lavorerà nei seggi. Sono infine giunti a destinazione anche gli osservatori italiani inviati nel Nord Kivu, dopo una notte passata a Goma. Molti di loro presenzieranno il territorio del Masisi, a Nord-ovest di Goma, poiché così è stato richiesto dalla Cei della regione. Si tratta del territorio dove opera il generale dissidente Laurent Nkunda, il quale ha rifiutato di unirsi alle forze armate unificate congolesi (e protagonista nel 2004 della presa di Bukavu). Nelle settimane precedenti alle elezioni qui sono state rubate delle divise della polizia nazionale congolese (Pnc), incaricata di sorvegliare i seggi: esiste il timore che qualcuno possa indossarle per presidiare abusivamente i seggi. Un'equipe si è spinta più in là di tutte, nell'estremo Est della provincia, a Nyamilima, al confine con l'Uganda. Per giungervi hanno dovuto essere scortati dal contingente indiano della Monuc attraverso la foresta ove avvengono tuttora episodi di saccheggio e banditismo.

Bukavu, 27 ottobre 2006

26.10.06

AMP... COS'E'?

L’Ambulatorio Medico Popolare (AMP) è un’associazione legalmente riconosciuta, autogestita e autofinanziata. Dal 1994 ha sede in Via dei Transiti 28(Milano), in spazi ristrutturati e attrezzati mediante una vasta campagna di sottoscrizione popolare che ha restituito utilità a locali da tempo dismessi. L’AMP offre visite mediche di base gratuite, informazioni sul diritto alla salute e sui diritti dei migranti: registra più di 3.000 persone accolte nell’anonimato (per tutti coloro che si rivolgono all'AMP viene compilata una cartella con la relativa tessera di registrazione: per tale procedura non viene richiesta la presentazione di alcun documento) senza richiesta di documenti e circa 15.000 prestazioni. L’AMP incide su due declinazioni dell’abitare la città promuovendo un nuovo welfare locale: fornendo visite mediche di base in sede e favorendo l’accesso a visite mediche specialistiche presso associazioni (NAGA, Opera S. Francesco), consultori e ambulatori con i quali costituisce, nell’area urbana milanese, una rete che garantisce prestazioni mediche a chi non può accedere al Sistema Sanitario Nazionale. Inoltre, l’AMP aiuta i migranti senza permesso di soggiorno a esercitare il diritto di accesso alle prestazioni ospedaliere per urgenze o malattie gravi, come previsto dalla normativa vigente (Ministero della Sanità - Circolare n. 5 del 24/3/2000) che non sempre trova applicazione ( Per rafforzare l’impegno nella difesa del diritto alla salute l’AMP ha aderito alla Rete Europea del Diritto alla Salute e ha portato la sua esperienza al Forum Sociale Europeo (Firenze, 2002 e Atene, 2006). Condividendo spazi in un quartiere che registra un’alta presenza di migranti, l’AMP è diventato un punto di riferimento e di incontro grazie alle attività svolte, agli aperitivi di autofinanziamento organizzati due volte al mese e alle iniziative di discussione e confronto sulle politiche sociali e del lavoro, che hanno portato l’AMP a far parte del network dei collettivi che denunciano la precarietà nel mondo del lavoro.

21.10.06

APPELLO DEI RICHIEDENTI ASILO A MILANO

ricevo e pubblico immediatamente:
LANCIAMO UN APPELLO PER NON ESSERE DIMENTICATI !

Siamo giovani ragazzi e ragazze profughi, provenienti da diversi paesi africani Eritrea, Etiopia, Somalia e Sudan, da poco arrivati in Italia, per chiedere asilo politico e protezione.

Arriviamo da paesi dove attualmente esistono pesanti realtà politiche, economiche e sociali, causate principalmente da guerre, dittature e conflitti interni. Per poter salvare la nostra vita da continue repressioni politiche, imprigionamenti, maltrattamenti e persecuzione, siamo stati forzati a dover abbandonare le nostre case ed i nostri cari, sradicati dalla nostra terra.

Siamo partiti dal Sudan affrontando enormi sacrifici umani, umiliazioni e rischi personali. Siamo stati forzati ad attraversare il deserto del Sahara, con l’obbiettivo di arrivare in Libia, usando i più disperati mezzi di trasporto per affrontare un viaggio della durata di circa tre settimana con poca acqua ed un pugno di farina, costretti a dover assistere, durante il nostro tragitto, ad agghiaccianti immagini di tanti giovani che “non ce l’hanno fatta” e che sono rimasti lì, nel deserto, senza un nome ed una degna sepoltura.

Chi ha avuto la forza e la fortuna è riuscito a raggiungere la Libia (paese non firmatario della Convenzione di Ginevra), dove in parecchi casi è stato costretto a patire continue umiliazioni ed incarcerazioni arbitrarie. I pochi “fortunati”, per poter sopravivere, siamo stati costretti a lavorare in condizioni disumane con il timore di essere arrestati e rispediti nei rispettivi paesi di provenienza, mentre la maggioranza di noi è stata forzata a sborsare ingenti somme di denaro a taglieggiatori per poter raggiungere l’Italia.

Storie infinite di persone, per lo più giovani e ragazze madri con in braccio i propri figli, che spinti dalla disperazione abbiamo hanno scelto di salire in delle improvvisate carrette del mare per tentare di approdare nelle coste della Sicilia, mentre molti altri sfortunatamente “non ce l’hanno fatta” e sono rimasti inghiottiti nel Mar Mediterraneo.

Una volta arrivati in Italia, tutti siamo stati portati nel Centro di accoglienza temporanea di Crotone, dove abbiamo fatto richiesta di riconoscimento dello “status di asilo politico” alle Autorità Italiane, tramite la rappresentanza dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Profughi.

Alla maggioranza è stato riconosciuto lo status di “profughi per motivi umanitari” e consegnato un permesso di soggiorno della durata di un anno e a pochi altri quello “politico” che dura due anni, seguito ad interviste rapide, in molti casi durati circa 5 minuti, senza la possibilità da parte nostra, di poter esporre le ragioni delle nostre richieste.

Dopo una permanenza media di circa 4-6 settimane nel Centro di accoglienza, una volta che ci sono stati consegnati i “permessi di soggiorno”, gli operatori del Centro ci hanno invitato ad andare via senza una precisa indicazione nè riguardo il percorso che dovevamo seguire nè un supporto economico per far fronte ai problemi della sussistenza giornaliera. Alle nostre insistenti richieste di poter avere indicazioni a chi dovevamo rivolgerci ci è stato detto “…andate a Roma, Milano, li ci sono i nostri..….vi danno da mangiare e anche un posto dove poter dormire….e poi troverete lavoro…..noi qui non possiamo fare nulla per voi….” . Caricati su dei bus siamo stati portati davanti alla stazione dei treni ed invitati a salire. Dateci un biglietto del treno ?..….“nessun problema, fate vedere il vostro permesso di soggiorno.….” è stata la risposta.

Molti di noi, dopo un lungo viaggio ed una collezione di multe per essere saliti sui vari treni senza biglietto, sono arrivati a Milano. A chi si è rivolto all’Ufficio Stranieri del Comune di Milano per poter ottenere un alloggio presso i centri di accoglienza è stato detto, che per poter accedere a questi centri occorre avere un permesso di soggiorno rilasciato dalla Questura di Milano, quello di Crotone non vale! Bene, a chi si è rivolto presso lo sportello della Questura la risposta è stata: occorre un luogo di residenza, una abitazione fissa a Milano per poter effettuare il cambio del permesso di soggiorno!

Siamo in piena estate, in molti sballottati e scaricati dagli enti preposti ad aiutarci, ci siamo rassegnati a dormire all’aperto nei giardini pubblici di P.ta Venezia, altri in strutture fatiscienti ed abbandonate nella periferia della città ed i più disperati tentare di trovare altre vie per poter andarsene via definitivamente. Tra le poche opportunità che abbiamo ottenuto è quello di poter usufruire dei pasti gratuiti presso le mense della Caritas (la domenica le mense sono chiuse per riposo) e la possibilità di poter fare una doccia una volta ogni 15 giorni!

Abbiamo perso dignità nei nostri paesi, attraversato il deserto del Sahara, patito la fame e visto la morte in faccia, alcuni di noi sono stati detenuti e malmenati per mesi dentro le famigerate carceri di Gheddafi, abbiamo cercato di attraversare il Mediterraneo con il rischio di non vedere più la “terra promessa” con il rischio di essere inghiottiti dalle onde e sbranati dai pescecani. Ma siccome ci consideriamo tra coloro che “ce l’hanno fatta” è persone responsabili che hanno tanta voglia di vivere, fiduciosi nelle nostre forze, siamo andati alla ricerca di un posto di lavoro nel territorio. Le poche agenzie interinali che hanno aperto le loro porte, ci chiedono: dove abiti, hai una carta d’identità? No! Torna appena ti sarai sistemato, che un posto lo troviamo! Mentre nel frattempo, i controllori dei biglietti dell’ATM, continuano a staccare tagliandi di multe salate, a persone che hanno solo un nome, ma non una fissa dimora!

L’estate è finita, siamo in pieno autunno e tra poco arriva il freddo inverno, che molti di noi non conoscono. Nei luoghi dove siamo costretti a vivere l’acqua, la luce il gas sono un sogno. Ogni tanto le pattuglie dei Carabinieri arrivano presso i luoghi dove di “riposiamo” per dirci che dobbiamo andarcene via, ma il “dove” non si sa!
Negli ultimi giorni, diversi canali televisi ed alcuni giornali locali, in più occasioni hanno messo a fuoco la nostra situazione di gente emarginata ed abbandonata a se stessa.
Iniziamo a renderci conto che le Istituzioni non si vogliono assumersi la responsabilità di affrontare e risolvere il nostro disagio, di persone che hanno chiesto asilo politico e protezione in Italia.

Pertanto chiediamo e ci appelliamo alle Istituzioni, agli Enti preposti, alle Forze politiche e Sindacali, alle Associazione del Volontariato e della protezione civile perché se ne occupino della nostra situazione, di persone che abbiamo chiesto protezione ed asilo politico allo Stato Italiano.

Per cui chiediamo :
l’applicazione delle norme riguardanti ai richiedenti asilo politico, previsti dalla legge approvata da Parlamento;
il riconoscimento del pieno titolo dello status di profughi politici;
un documento di viaggio che attesti il nostro status;
l’assegnazione di luoghi dove poter alloggiare;
avere un percorso che possa aiutarci ad inserirci nella realtà del mondo del lavoro in Italia;
l’opportunità di poter accedere a corsi di formazione e mandare a scuola i nostri bambini.


Comitato di Coordiamento
Profughi richiedenti asilo politico a Milano

19 ottobre 2006

IMMIGRATI E ANTIRAZZISTI IN PIAZZA A ROMA PER IL DECRETO FLUSSI E PER REGOLARIZZARE CHI LAVORA IN NERO

Venerdì 20 ottobre alcune decine di attivisti della rete antirazzista romana hanno manifestato in Piazza Colonna, davanti a Palazzo Chigi sede del governo, per chiedere alcune modifiche al “decreto flussi bis” che l’esecutivo si appresta a varare, oltre a una radicale modifica della normativa all’immigrazione in Italia. Proprio all’indomani della riunione del Consiglio dei Ministri che ha rimandato a un disegno di legge la decisione sul rilascio di un permesso di soggiorno a chi lavora “in nero”, ignorando l’urgenza delprovvedimento, i manifestanti hanno portato alcune sagome di cartoneraffiguranti quelli che sono stati definiti i “fantasmi”, gli invisibili, ossiaquegli immigrati che già lavorano in Italia in nero e quelli che dovranno farfinta di arrivare dall’estero perché sono in attesa di un permesso di soggiorno da acquisire tramite il “decreto flussi”, nascondendosi per paura di essere rinchiusi in un CPT e rimpatriati. Le loro storie, appese sulle sagome di cartone, testimoniavano la drammatica situazione di chi rischia ogni giorno l’espulsione o addirittura la vita nei campi di pomodori o sulle imbarcazioni di fortuns che traversano il Mediterraneo, perchè costretto a entrare inItalia e lavorare in maniera irregolare: al Ministro Amato gli antirazzistiHanno detto che in Italia questa è putroppo la regola. In particolare i manifestanti hanno chiesto: l’eliminazione del perverso (e falso) meccanismo di incontro a distanza tradomanda e offerta di lavoro; l’introduzione di un meccanismo di regolarizzazione ordinaria per tutte le persone straniere che lavorano in Italia in nero; la modifica sostanziale della legislazione sull’immigrazione, affinché sia ispirata a principi democratici e alla garanzia dei diritti di cittadinanza per tutti,un cambiamento delle politiche migratorie e sull’immigrazione che privilegi gliinterventi di inclusione sociale e le politiche di cittadinanza rispetto allepolitiche di contrasto dell’immigrazione.

19.10.06

AVVISO PER I VIAGGIATORI DIRETTI VERSO GLI STATI UNITI

RICEVO E PUBBLICO VOLENTIERI:
Per noi cittadini statunitensi, il giorno 17 ottobre 2006 verrà ricordato come un giorno nero nella storia del nostro paese, il giorno in cui il presidente George W. Bush ha firmato il Military Commissions Act of 2006. Questa nuova legge, autorizzata dal Congresso (altro giorno nero ...), conferisce poteri senza precedenti al presidente per imprigionare chiunque egli dovesse ritenere un "combattente nemico illegale" e processarlo attraverso commissioni militari.In conseguenza di questa legge, ci si chiede se il Ministero degli Esteri italiano ha in programma di diramare un avviso per i cittadini italiani che intendono recarsi negli Stati Uniti. Tale avviso dovrebbe spiegare che la nuova legge lascia al presidente decidere, secondo una definizione vaga ed ambigua, chi è un "combattente nemico illegale". Questa definizione comprende non solo chi si è impegnato in atti ostili contro gli Stati Uniti o i suoi co-belligeranti, ma anche chi intenzionalmente e materialmente sostiene tali ostilità. Le prove al riguardo non devono essere rese pubbliche.L'avviso dovrebbe sottolineare che i cittadini non statunitensi definiti come "combattenti nemici illegali" potrebbero essere arrestati, anche senza capi d'accusa, e imprigionati a tempo indeterminato. La nuova legge, infatti, elimina il diritto all'habeas corpus, ossia il diritto di contestare i motivi della propria detenzione davanti a un tribunale civile.Secondo i termini di questa legge, se e quando il detenuto viene processato ciò sarà attraverso una commissione militare istituita dal Ministro della Difesa o da altro ufficiale militare e sarà composta di giudici e avvocati militari. Il detenuto non godrà delle protezioni legali riconosciute come fondamentali nei paesi civili. Può non essere informato delle prove contro di sé e sono ammissibili anche le prove ottenute con metodi ritenuti equivalenti alla tortura. Le "tecniche di interrogatorio" applicabili verranno decise da Bush e non saranno rese pubbliche. Inoltre, la possibilità di ricorrere in appello è stata quasi del tutto eliminata, e gli appelli che si basano sulle Convenzioni di Ginevra veranno respinti.Infine, l'avviso dovrebbe ricordare ai viaggiatori che nel gennaio del 2006 la Kellogg, Brown & Root, filiale del gruppo Halliburton, ha vinto un contratto per 385 milioni di dollari per costruire negli Stati Uniti centri di detenzione, le cui località non sono state rivelate, da utlizzare, come si legge in un comunicato stampa della KBR, per "lo sviluppo rapido di nuovi programmi".
Stephanie Westbrook (Statunitensi per la pace e la giustizia - Roma)

13.10.06

NAUFRAGIO DI NATATALE '96: GLI ANTIRAZZISTI AVEVANO RAGIONE

Ricevo dall'associazione Senzaconfine, che ringrazio, questa importante notizia sul processo relativo alla strage del natale 1996 nel canale di Sicilia.
Lo scorso 10 ottobre, presso la Corte di Assise di Appello di Catania, si è tenuta un’udienza riguardante la posizione del capitano della nave assassina Yiohan, Youssuf El Hallal, che nella notte del 26 dicembre 1996 nelle acque del canale di Sicilia causò l’affondamento del battello chiamato F174 provocando la morte di 283 migranti pakistani, indiani e tamil dello Sri Lanka. El Hallal potrà dunque essere processato in Italia, come già richiesto dall’avvocata Simonetta Crisci di Senzaconfine appena tornata dal Pakistan dove ha incontrato le famiglie delle vittime che rappresenta nel dibattimento: l'ex-capitano della Yiohan dovrà comparire quindi innanzi alla Corte di secondo grado di Catania, diversamente da Tourab, il pakistano naturalizzato maltese sotto processo a Siracusa per aver comprato la nave utilizzata per il trasporto di immigrati in Italia. Questa notizia, nell’assenza di qualsiasi iniziativa del Governo italiano che non sembra interessato né al recupero del relitto per dare sepoltura ai corpi delle vittime a dieci anni di distanza, né a ripensare i meccanismi di ingresso in Italia aprendo canali regolari per ricerca di lavoro, unico strumento concreto per tentare di prevenire le morti in mare, riaccende qualche timida speranza tra chi da ormai dieci anni si batte per la verità, la giustizia, per dare una svolta alle politiche migratorie di questo Paese nel senso della libera circolazione e contro le logiche securitarie secondo le quali i Governi oggi blindano sempre più le frontiere.
Catania/Roma, 13.10.06

11.10.06

FARE ANTIRAZZISMO NEL CALCIO

La più grande serie di iniziative antirazziste nel calcio avrà luogo presto: durante l’Action Week promossa dalla rete F.A.R.E.. Il calcio d'inizio verrà dato durante le due giornate di Champions League del 17 e 18 ottobre. Tutti i capitani delle squadre scenderanno in campo con fasce “United Against Racism” (uniti contro il razzismo) e i bambini che accompagnano i giocatori in campo indosseranno magliette con scritto “United Against Racism”. Oltre 37 paesi europei parteciperanno dal 17 al 30 alla VII Settimana d’Azione contro il Razzismo con un simbolico impegno contro il razzismo e la discriminazione attraverso attività specifiche per far prendere coscienza del problema e sottolineare la determinazione del mondo del calcio di cimbattere questa forma di esclusione. Verranno coinvolti gli ultras e le minoranze etniche: 184 gruppi fra gruppi ultras e comunità etniche organizzeranno azioni di vario genere. In totale la rete FARE finanzierà azioni per 50.000 Euro. Il numero di attività è andato crescendo nel corso degli anni grazie anche alla partecipazione di gruppi dell’Europa dell’Est centrale, incluse le repubbliche dell’ex Unione Sovietica e dei Balcani, con iniziative legate a gruppi ultras, club, associazioni nazionali, minoranze etniche, gruppi di giovani e scuole. Le attività in Italia quest’anno sono molte e le più varie e dureranno un mese.
Si inizia il 12 ottobre con l’iniziativa dell’Associazione Noi Ultras di Venezia (una serata-happening contro il razzismo organizzata in collaborazione con le Associazioni RazzismoSTOP e YaBasta! e con i gruppi del tifo organizzato arancione-roverde).
Dalle ore 19.00 alle 21.00 si terrà il dibattito “CAMBIARE ROTTA. ERRORI E INGANNI NELLA LOTTA AL RAZZISMO NEL CALCIO.
Ne discuteranno: Mauro Valeri, sociologo e psicoterapeuta, Giuseppe Ruzza, segretario FIGC Veneto, Nello DiCostanzo, allenatore.


Le iniziative si concluderanno il 12 novembre con un torneo multietnico organizzato dalla Polisportiva Zelig di Reggio Emilia in collaborazione con la UISP Reggio Emilia.
Un calendario dettagliato sulle attività italiane verrà fornito nei prossimi giorni. Per maggiori informazioni su tutte le iniziative e per scaricare il nuovo poster della campagna potrete consultare il sito: www.farenet.org

6.10.06

PROTESTA CONTRO L’ ESPULSIONE DEI ROM RUMENI A ROMA

COMUNICATO STAMPA

Siamo indignati per l'espulsione di massa di centinaia di Rom Rumeni daRoma in Romania: perchè il Governo di centrosinistra ha effettuato un'operazione mai compiuta a Roma nemmeno da Pisanu e dal suo governo non certo famoso per l'accoglienza dei migranti?A cosa è servita la visita del Ministro Amato ai Rom "jugoslavi" a Ferragosto?
E l'indignazione diventa irrefrenabile se si pensa che già tali pratiche (le espulsioni collettive) sono state condannate e che gli espulsi facevano parte della Comunità Rom che ha visto il 19 marzo di un anno fa morire per annegamento una loro figlia di 18 mesi, Odissea Gramescu, proprio sotto Ponte Marconi. Solo le espulsioni o gli sgomberi sono la risposta di una città come Roma di fronte all'emergenza freddo e le favelas formatisi lungo i suoi fiumi acausa della dispersione periodica dei migranti dagli insediamentispontanei?
Crediamo che altre possano essere le strade da percorrere anche perchèl'industria Italiana, come accertato formalmente dalla CGIL, sfruttaselvaggiamente il mercato della manodopera in Romania (salari medi di 100euro mensili!) causando questa inarrestabile ondata migratoria anche del popolo Rom che in Romania, prima della caduta del muro, era inserito in tutta l'attività produttiva del Paese e disponeva di purminimi ammortizzatori sociali, come ancora oggi accade in Ungheria, Paese dove iRom sono il 6% della popolazione complessiva e che non emigrano però versoOccidente.Pertanto chiediamo che associazioni, partiti, istituzioni, sinceridemocratici e cittadini intervengano subito presso il Ministro Ferreroperchè non venga offesa l'immagine della Roma progressista edinterculturale e perchè la situazione rimbalzerà, come giusto, a livello internazionale. (Martedì - tra l'altro - alle ore 8.30 l'Opera Nomadi - con un'ampia delegazione di Rom/Sinti - incontrerà il Commissariato ONU per i DIRITT IUMANI) dove già l'Italia ha subito pesanti censure per la sua politica nei confronti dei Rom/Sinti. E' doveroso che l'Amministrazione Comunale di Roma ponga riparo a questo atto di pura xenofobia.
Roma 6 ottobre 2006

Dr. Massimo Converso
Presidente Opera Nomadi Lazio


CPT CLANDESTINO A ROMA

RICEVO DA ROMA E PUBBLICO:
Venerdì 6 ottobre decine di attivisti di diverse realtà romane, centri sociali, associazioni di quartiere, forze politiche e alcuni esponenti istituzionali, hanno denunciato pubblicamente alla città l’esistenza di un Centro di Detenzione Temporanea clandestino, allestito dal Comune in silenzio, all’interno di un deposito dell’Ama in accordo con laPrefettura. Le realtà antirazziste che stavano preparando iniziative inerenti la giornata internazionale del 7 ottobre contro le deportazioni deimigranti, hanno deciso di agire subito appena avuto notizia di questo nuovo mostro" cittadino. Questo innovativo esperimento di CPT è nato per “deportare” uomini e donne sgomberati dalle baracche costruite sulTevere in zona Marconi e S. Paolo. Il Comune di Roma realizza quanto già sperimentato dal Governo Berlusconi inSicilia, dove strutture occupate dai prefetti sono utilizzate per trattenere dei migranti ben oltre i termini del fermo di polizia soltanto per definire la loro espulsione. Si tratta di strutture che servono a identificare, schedare e rimpatriare coattivamente le persone. L’operazione di questi giorni ha colpito sicuramente almeno 61 persone, 4 richiedenti asilo sono stati rilasciati, 19 migranti sono stati rimpatriati con voli char,18 persone non ancora identificate sono state “deportate” in un CPT, ancora sconosciuto. Ma le dichiarazioni dei funzionari presenti lasciavano intendere che almeno 150 persone hanno "sperimentato" il CPT clandestino.Gli attivisti hanno varcato la soglia del CPT dove hanno trovato schierata la celere riuscendo ad ottenere solo dopo un'ora di pressione che almeno iparlamentari potessero vedere quello che succedeva alle persone rinchiuse. Dopo hanno presidiato le vie di accesso alla struttura fino a sera, quando infine alcune jeep della polizia a tutta velocità hanno forzato il presidio (provocando persino un incidente con una macchina di passaggio) per riuscire a deportare 12 migranti in quel momento reclusi. Potrebbe apparire persino singolare la scelta di deportare persone dicittadinanza rumena che tra tre mesi avranno libertà di circolazione nellacomunità europea, ma evidentemente non lo è per chi usa questa pratica per nascondere il disagio sociale senza proporre soluzioni. Riteniamo che questa operazione politica si inserisca a pieno titolo in una logica tutta di governo del territorio, di gestione dei conflitti e delle emergenze sociali che costituisce la base dell’amministrazione-modello della vetrina veltroniana. Questo “modello di città” ha portato soltanto due giorni fa allo sgombero dello spazio socio-culturale Angelo Mai, nel rione Monti. La pratica di controllo sociale sperimentata in questi giorni nell’area di S. Paolo - Marconi rischia di essere riprodotta a breve nell’intero territorio cittadino. Nel pomeriggio i firmatari riportati qui di seguito
si sono riuniti per discutere gli ulteriori passi da muovere.
Prime adesioni: L.O.A. Acrobax, Action, Coordinamento cittadino di lotta per la casa, csoaAstra 19, Corto Circuito, csoa la Strada, csoa Vittorio Occupato, Arci,Federerazione romana PRC, Associazione senza confine, Riva Sinistra Singoli: Salvatore Bonadonna senatore PRC Massimiliano Smeriglio deputato PRC Francesco Caruso deputato PRC Giuseppe Decristoforo deputato PRC Gianluca Peciola assessore Municipio Roma XI Livio Ciappetta consigliere Municipio Roma XI

5.10.06

QUINTA GIORNATA DEL DIALOGO CRISTIANOISLAMICO

RICEVO E VOLENTIERI PUBBLICO:
Cominciano a moltiplicarsi le iniziative in vista della Quinta giornata del dialogo cristianoislamico del 20 ottobre prossimo. Fra queste segnaliamo l'importante iniziativa che si terrà a Roma presso la Grande Moschea di Roma e che vedrà la partecipazione del dott. Abdellah Redouane,segretario generale del Centro islamico culturale d'Italia, mons. Vincenzo Paglia, presidente del Consiglio della Cei per l'ecumenismo e il dialogo, past. Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese, mons Piero Coda, Università Lateranense, presidente dell'Associazione teologica italiana, prof. Paolo Naso, direttore di Confronti, on. Paolo Ferrero, ministro per la Solidarietà sociale. Sempre a Roma prosegue l'iniziativa dei Cantieri del Cipax con incontri tra cristiani e musulmani. Altre importanti iniziative curate dai missionari saveriani sono segnalate a Desio, dove si svolgerà una fiaccolata, a Brescia, dove si terrà un dibattito. A Pescara la rete nonviolenta dell'abbruzzo organizza un convegno. Altre iniziative a Faenza, Parma e Padova, Bari, Avellino ed in provincia di Messina. Segnaliamo anche che quest'anno per la prima volta la Commissione episcopale del Triveneto ha inviato un messaggio ai musulmani del triveneto per l'inizio del ramadan. Per gli aggiornamenti ed i dettagli di tutte le adesioni e delle iniziative in corso consultare il sito http://www.ildialogo.org. Segnaliamo inoltre che all'indirizzo http://www.ildialogo.org/islam/cristianoislamico.htm è possibile scaricare il numero speciale del periodico "il dialogo" dedicato alla quinta giornata del dialogo cristianoislamico, con materiali utili al dibattito, e la locandina di quest'anno. Con un fraterno e cordiale saluto di shalom, salaam, pace Il Comitato organizzatore Per l'elenco completo dei promotori vai alla pagina web http://www.ildialogo.org/islam/dialogo2006/promotoriquinta30082006.htm