pensiero in migrazione

PENSIEROinMIGRAZIONE propone punti di vista, argomenti, approfondimenti, appunti sulle trasformazioni sociali e umane suscitate dai processi migratori, proposte per combattere il razzismo e la xenofobia con gli strumenti della rivoluzione nonviolenta e dello scambio interculturale

26.11.06

IGIABA IGI SU SOMALIA E CORNO D'AFRICA

ricevo da igiaba Igi e pubblico:
vi vorrei fare il punto di quello che sta succedendo nel Corno, a nessuno sembra fregare nulla, le potenze si sono messe sul palco d'onore a guardare, i gregari intanto forniscono armi, i media sono occupati della cassaforte del Medio Oriente. Intanto Melis Zenawi, il famigerato dittatore etiope (che vi ricordo è nemico di tutti (soprattutto della sua gente... ricordate quando ha fatto sterminare gli studenti? In Italia la notizia è arrivata, poi chissà perchè è stata soffocata)... Zenawi ha fatto sparire tantissimi oppositori. La tortura è all'ordine del giorno. Qui non se ne parla (Ti dicono che è un moderato!). Ha detto che "l'Etiopia e' pronta a difendersi dalla minaccia islamista che arriva dalla Somalia e per farlo non ha bisogno di un eventuale via libera della comunita internazionale". I preparativi della guerra sono fatti. Presto la violenza soffierà sul Corno. Io non amo le corti islamiche. Non mi piace il loro modo di imbrigliare i diritti dell'uomo e soprattutto della DONNA. Però così, con uno Zenawi aramato fino ai denti, la gente somala farà quadrato intorno a loro. Rischiamo davvero l'innimaginabile. Le guerre non servono mai.... Penso alle mie zie malate, una nuova esclation di violenza per loro significherà una morte sicura. Stanno troppo male per essere trasportate, per scappare. Una zia (era una roccia ai suoi tempi!) non ha più l'uso delle gambe. L'unica cosa che posso fare è cercare il signore a Termini che fa arrivare i soldi in Somalia....e sperare che magari i parenti si decidano ad andare da qualche parte prima che cominci il casino. A volte, vi dirò, è difficile fare una vita normale con il pensiero fisso che: 1) non rivedrai mai più i tuoi cari; 2) che non sai come cavolo aiutarli; 3) che sei impotente 4) che alla fine il tuo destino è già scritto, maktoub direbbero gli arabi... non da Allah, ma dalle multinazionali delle armi. Sono sconcertata. Molto arrabbiata. In generale penso che oggi è la Somalia, domani non so......qualche paese asiatico o l'America latina.... Sono molto triste. La Somalia è davvero troppo sfigata. Vi consiglio ogni tanto di andare a vedere il sito http://www.hiiraan.com/ Ci sono anche articoli in inglese che potete leggere. La Somalia sta per diventare come il Congo... una nuova guerra africana uin cui ci stanno dentro tutti. Non so cosa possiamo fare...forse nulla.. per impedirlo. Sapere qualcosa sarebbe già un inizio però.

22.11.06

CONVOCATORIA PARA LA CREACIÓN DEL COMITÉ INTERNACIONAL PERMANENTE DEL FORO SOCIAL MUNDIAL DE LAS MIGRACIONES

Se convoca a todas las entidades y organizaciones interesadas en participar en la creación del Comité Internacional Permanente del Foro Social Mundial de las Migraciones, según lo acordado en Asamblea de Movimientos sociales reunida durante el II Foro Social Mundial de las Migraciones.

El objetivo es crear un órgano con representantes de todos los continentes que asegure el seguimiento de los compromisos de trabajo surgidos del II Foro Social Mundial de Rivas celebrado los días 22, 23, 24 de Junio en Rivas Vaciamadrid.

El encuentro tendrá lugar los días 16 y 17 de diciembre en Santa Cruz de Tenerife (España). Como conclusión de las reuniones el 18 de diciembre, Día Internacional del Migrante, se celebrará una Jornada Abierta de "Análisis de los procesos migratorios a través del II Foro Social Mundial de las Migraciones".

En posteriores boletines informaremos sobre las cuestiones de alojamiento y logística.
Para más información y solicitud de participación, ponerse en contacto con la siguiente dirección de e mail: fsmm@cear.es

APPEL POUR LA CRÉATION DU COMITÉ INTERNATIONAL PERMANENT DU FORUM SOCIAL MONDIAL DES MIGRATIONS

Toutes les entités et organisations intéressées sont convoquées à participer à la création du Comité International Permanent du Forum Social Mondial des Migrations, tel qu'il a été accordé lors de l'Assemblée de Mouvements sociaux, réunie pendant le II Forum Social Mondial des Migrations.

L'objectif est de créer un organe composé de représentants de tous les continents, qui assurera le suivi des chantiers surgis du II Forum Social Mondial de Rivas, organisé les 22,23,24 juin derniers à Rivas Vaciamadrid.

La rencontre aura lieu les 16 et 17 décembre à Santa Cruz de Tenerife (Espagne). En conclusion de la rencontre, le 18 décembre, Journée Internationale du Migrant, une journée de réflexion sera organisée sur l'«Analyse des mouvements migratoires à travers le II Forum Social Mondial des Migrations ».

Nous vous informerons sur les questions de logement et logistique. Pour toute information et demande de participation, prière de contacter l'adresse mail suivante: fsmm@cear.es





Calling to all the entities and organizations interested in taking part in the creation of the International Permanent Committee of the Social World Forum on Migrations, according to resolved in Assembly of social Movements assembled during the II Social World Forum on Migrations.

The aim is to create an organ with people from all the continents in order to follow-up of the commitments of work arisen of the II World Social Forum on Migration celebrated the 22th, 23th and 24th of June in Rivas Vaciamadrid.

The meeting will take place on the 16th and 17th of December in Santa Cruz de Tenerife (Spain). As conclusion of the meetings on December 18, International Migrant's Day, will celebrate Conferences about "Analysis of the migratory processes across the Social World Forum on Migrations".

Soon we will inform you about the accommodations.
For more information and request of participation, contact to fsmm@cear.es

APPELLO PER CREARE UN COMITATO INTERNAZIONALE PERMANENTE DEL F.S.M.M

tutte le realtà e organizzazioni interessate sono invitate a partecipare alla creazione del COMITATO PERMANENTE del FORUM SOCIALE MONDIALE delle MIGRAZIONI, sulla base di quanto concordato nell'Assemblea dei Movimenti Sociali riunitasi nel corso del II F.S.M.M..
L'obiettivo è creare un organismo con rappresentanti di tutti continenti che assicuri l'assolvimento degli impegni di lavoro emersi nel II F.S.M.M. svoltosi a giugno a Rivas Vaciamadrid.
L'incontro si terrà nei giorni 16 e 17 dicembre a Santa Cruz de Tenerife.
Per maggiori informazioni e per richiedere di partecipare scrivere a: fsmm@cear.es
Verranno fornite anche tutte le info logistiche e per l'ospitalità

BAUMAN: il fondamentalismo

Certe varietà di Chiese fondamentaliste sono particolarmente attraenti per quella parte della popolazione svantaggita e impoverita, spogliata di dignità umana e umiliata, (che) non può far altro che guardare con un misto di invidia e risentimento lo stile di vita (…) dei più abbienti.
I Black Muslims negli USA, la sinagoga orientale in Israele che raccoglie i sefarditi (…) sono esempi spettacolari anche se non unici. Queste congregazioni (…) forniscono (oltre a servizi negati dagli stati) quell’ingrediente di una vita umana decente di cui più dolorosamente è sentita la mancanza e che la società (…) ha rifiutato d’offrire: il senso di uno scopo, di una vita (o di una morte) che abbia significato, di un posto legittimo e dignitoso nello schema generale delle cose. Promettono inoltre di difendere i fedeli dalle “identità” conferite, stereotipanti e stigmatizzanti imposte dalle forze che governano l’ostile e inospitale “mondo di fuori”.
(…) Il fondamentalismo (anche religioso) non è solo un fenomeno religioso. (…) Per comprenderlo appieno, lo si deve inquadrare nel contesto della nuova ineguaglianza sociale e della sfrenata ingiustizia che regna nello spazio globale.
*anche questi appunti sono tratti dall’Intervista sull’identità

LARS DENCIK: la fabbricazione di identità*

Le affiliazioni sociali, più o meno ereditate, che vengono tradizionalmente attribuite agli individui come definizione di identità – razza, (…) genere, paese o luogo di nascita, famiglia e classe sociale – stanno ora (…) diventando meno importanti, diluite e alterate, nei paesi tecnologicamente più avanzati. Al tempo stesso si assiste a un forte desiderio e a tentativi di trovare o fondare nuovi gruppi che possano dare ai membri un senso di appartenenza e facilitare la fabbricazione di un’identità. Ne deriva un crescente sentimento di insicurezza.

*appunti da "Transformation of Identities in Rapidly Changing Societies"

BAUMAN sull'identità nazionale

altri appunti da l'Intervista su l'identità:

L’identità nazionale fu fin dal principio, ed è rimasta per lungo tempo, un concetto agonistico e un grido di battaglia. La sovrapposizione della comunità nazionale coesa con l’aggregato di sudditi dello stato era destinata a rimanere non solo eternamente incompiuta, ma anche perennemente precaria: un progetto, che richiedeva una vigilanza continua, uno sforzo gigantesco e l’impiego di una grande forza per far sì che tale richiesta fosse ascoltata e messa in atto (…) L’identità nazionale non è mai stata come le altre identità che non richiedono una devozione senza riserve e una fedeltà esclusiva. (Essa) non riconosce concorrenza e meno che mai opposizione. (È) accuratamente costruita dallo Stato e dalle sue agenzie…

Nel grappolo di problemi chiamato “la mia identità”, la nazionalità si è ritrovata a rivestire un ruolo di particolare importanza: condivido questo fato con milioni di profughi e migranti che il nostro mondo (…) produce a ritmo sempre più veloce. (…) scoprire che l’identità è un grappolo di problemi piuttosto che una questione unica è una caratteristica che condivido con un numero molto maggiore di persone. Praticamente con tutti gli uomini e le donne dell’era della “modernità liquida”**.
(…) nella nostra epoca il mondo intorno a noi è tagliuzzato in frammenti scarsamente coordinati, mentre le nostre vite sono frammentate in una successione di episodi mal collegati tra loro. (…) Nessuno (può) evitare di passare più di una (…) “comunità di idee e principi”; perciò la maggior parte di noi a problemi a risolvere il problema della memeté (coerenza e continuità della nostra identità nel tempo). (c’è) un’analoga difficoltà col problema della ipséité (coerenza di tutto ciò che ci distingue come persone)….

*anche questi appunti sono tratti da Intervista sull’identità, già citata.
**a questo concetto Barman ha consacrato uno dei suoi libri più ricchi e ponderosi, pubblicato in Italia da Laterza, con titolo omonimo, nel 2006

21.11.06

BAUMAN: le comunità e l’identità

appunti dall’intervista dall’Intervista sull’identità*

Si dice comunemente che le “comunità” (a cui le identità fanno riferimento come identità che le definiscono) sono di due tipi: (…) comunità di vita e destino e i cui membri (secondo la formula di S. Kracauer) “vivono insieme in attaccamento indissolubile”, e comunità “saldate insieme unicamente da idee o vari principi”. (…) La questione dell’identità sorge solo quando si viene a contatto con “comunità” della seconda categoria, e solo perché sono veramente molteplici le idee che creano e tengono insieme. Le “comunità saldate insieme da idee” con cui si viene a contatto nel nostro polimorfo mondo culturale. È proprio perchè risono così tante idee e principi attorno a cui crescono “comunità di credenti”, che si devono fare paragoni, scelte (e) farle ripetutamente, rivedere le scelte fatte in altre occasioni, cercare di conciliare esigenze contraddittorie e spesso incompatibili….

*Il volumetto omonimo (Laterza, 2003) è stato curato dall’amico Benedetto Vecchi, redattore delle pagine culturali de Il manifesto.
Zygmunt Bauman è professore emerito di sociologia presso le università di Leeds e Varsavia.

ancora sull’identità: LE RELIGIONI e i suoi SIMBOLI per gli IMMIGRATI

Senza alcun dubbio la religione rappresenta per gli immigrati un elemento di potente rafforzamento identitario e il desiderio di continuare a mostrare i simboli della propria appartenenza confessionale si rafforza quando una persona è in un ambiente estraneo e spesso ostile. I simboli religiosi richiamano una realtà, un’altra realtà rispetto alla misera e umiliante esistenza quotidiana, e hanno il potere di unire molte persone, altrimenti condannate a sopravvivere nella solitudine della dispersione e della parcellizzazione della diaspora migrante.
Queste costatazioni sono addirittura banali… eppure il movimento antirazzista dei nativi europei e gli stessi attivisti “di punta” del movimento degli immigrati tendono troppo spesso a ignorare, rimuovere o affrontare con imbarazzo tali palesi fenomeni. È il momento, per tutti noi, di togliersi i paraocchi e affrontare con profondità, delicatezza e umiltà questa sfera così importante dell’esperienza esistenziale delle persone immigrate. Meglio tardi che mai…

19.11.06

appunti sull’itentità: INCONTRI ED ECLISSI DELL’IDENTITÀ*

La contrapposizione tra individui e culture, la categoria amico-nemico, nelle sue infinite variazioni, è stata la categoria portante delle culture del passato che hanno conosciuto sì scambi profondi, ma sempre restando fedeli alla dinamica dell’antagonismo. “Eppure, ecco un passaggio importante - afferma Calducci – l’uomo non si definisce del tutto con la cultura che gli ha dato identità. Sotto l’homo editus (l’ebreo, il romano, il tedesco, il cinese, il nero e così via) c’è l’homo absonditus, l’uomo come infinita riserva di possibilità ancora inedite ma che potrebbero diventare positività storica se non restassero mortificate dalla pressione delle culture storicamente determinate. È suggestivo quanto dice Chomsky nella sua “teoria della sintassi”: gli uomini usano grammatiche diverse, a seconda della loro cultura, ma sotto le grammatiche superficiali c’è una ‘grammatica generativa’ che consente anche a un bambino di 3 anni di imparare lingue diverse e di passare da una all’altra. Per diverso che sia da me il nero senegalese che incontro, c’è in comune a entrambi una ‘grammatica generativa’, di più: c’è una ‘umanità nascosta’ che aspira al superamento delle nostre due culture, aspira insomma a un modo di convivere che lasci alle sue spalle la nostra massiccia e impenetrabile diversità”.
“Le diversità - afferma a sua volta Felice Rizzi - non sono una bandiera da sventolare sulle città che si dichiarano pluraliste: sono valori costitutivi delle persone, sono il riconoscimento dell’uguale natura che si esprime al plurale. (…) La diversità è il volto concreto dell’uguaglianza ontologica: riconoscersi diversi è riconoscersi appartenenti alla matrice dell’umanità; è ‘fare i conti con tutti, senza idealizzare e senza disprezzare, senza escludere e senza esaltare’(…)”.
(di fronte alla diversità) invece della repulsione dovremmo sentire ammirazione e rispetto perchè la diversità ci appartiene. Mentre la repulsione etnica è un fatto che appartiene alla cultura del ‘nemico’ percepito come minaccia. Di qui la dinamica conflittuale tra etnie in cui ha la sua remota radice il sentimento di repulsione per l’estraneo che nell’età moderna si è ideologizzato dando luogo al razzismo. Ogni individuo costruisce il senso di sé nell’etnia a cui appartiene e lo esprime nella repulsione per l’estraneo che (…) gli appare come una minaccia. Che il segno della diversità sia il colore della pelle, la lingua indecifrabile (‘barbaro’ per gli antichi greci è chi non sa parlare), la patria diversa o la differente religione è di secondaria importanza: la spinta oscura che porta alla ripulsa per l’altro è in tutti i casi, la paura della perdita della propria identità che, dal punto di vista psicologico, è la pietra angolare della sicurezza. L’attuale mescolamento delle ‘razze’ rischia di far riaffiorare questa xenofobia ancestrale. “Siamo nella fase ‘planetaria’ dell’evoluzione umana” afferma Calducci. Per cui occorre una conoscenza adeguata alla dimensione che sul piano del linguaggio politico ricorrente si chiama ‘interdipendenza’, della reciprocità dove finalmente il “nemico” diventa semplicemente l’“altro”. Il senso del futuro che viene, afferma Lévinas è “l’epifania dell’altro”, l’apparizione dell’altro. Questo sentire le altre culture come portatrici di doni vuol dir che c’è in noi un’umanità comune di cui le culture diverse sono un’espressione parziale, che le possibilità umane che sono dentro di noi ci affratellano a tutti gli uomini, diversi da me per cultura, ma uguali a me nella ricerca di una totalità che non si identifica con alcuna cultura. Il nostro compito odierno è garantire l’uguaglianza delle differenze.

*appunti tratti dall’articolo di Angelo Negrini (Officiale del Pontificio Consiglio), apparso sul n° 86 di “People on the Move”, del settembre 2001, trad. di PiM

18.11.06

Appunti sull’identità: YAEL MEROZ*

Yael, in quale ordine ti definiresti:
sei prima ebrea, israeliana o sionista?
Penso di essere israeliana, poi ebrea e, infine, sionista.
Poi, quando sono diventata “più grande” ho riflettuto sulla scelta che mi è stata posta. Perchè, ho pensato, non hanno aggiunto alla lista aggettivi come “donna”, “laica”, “di sinistra”o semplicemente “essere umano”?
Perché mi hanno obbligata a rimanere in un quadro di identità così ristretto?
(…) Sono tante cose che possono tranquillamente convivere una accanto all’altra ma che – questa è la cosa importante – possono anche convivere con gli altri esseri umani.

*Pacifista israeliana. Le parole riportate le ha pronunciate all’incontro internazionale “La libertà delle donne è civiltà. Donne e uomini impegnati contro i fondamentalismi religiosi, per l’autodeterminazione delle donne e la cittadinanza” svoltosi a Genova il 26 e 27 maggio 2006

15.11.06

DOMANDE SULL’IDENTITA’

Molte potenze, superpotenze, nazioni, religioni, organizzazioni terroristiche, eserciti “regolari” e irregolari, sette confessionali o politiche, correnti di “pensiero forte” e di pensiero debolissimo… o personaggi con la testa vuota hanno scatenato un’ipermoderna caccia alle streghe: la preda oggi è… il fantasma dell’identità altrui. Numerosi degli attuali conflitti - planetari o condominiali - sono ammantati dal lenzuolo spettrale delle discordanze identitarie.
Il termine identità è spesso utilizzato a sproposito o con irresponsabile superficialità.
Invece, prima di pronunciarlo a cuor leggero, varrebbe la pena porre e porsi qualche interrogativo. Con la pazienza di chi sa che non si troveranno necessariamente risposte immediate e neppure semplici, univoche, definitive. Su questo terreno nulla è ovvio o scontato, niente è acquisito. Proviamo a tirar fuori qualche domanda:
Come si definisce l’identità collettiva?
Esiste un’unica identità occidentale, europea, italiana?
Cosa conduce molti a rimarcare enfaticamente tutto ciò che riguarda l’identità, sino a cristallizzarla in qualcosa di monolitico e immutabile, in ultima istanza… irreale e mitico?
È forse il timore di perderla o di non possederla, o di non conoscerla veramente?
L’identità nazionale prevale quella locale o è tutto il contrario?
I popoli hanno un’identità in quanto tali?
Per ogni individuo esiste un’unica identità (o un’identità prevalente) oppure la faccenda è più complicata?
Come si costruiscono le identità individuali e collettive?

E, infine: con tutti ‘sti punti interrogativi… stiamo perdendo il nostro tempo? O…?

VITE SUL FILO - LIFE ON A LINE

Mercoledì 15 novembre 2006Ore 17.30 presso la Casa della Pace di Via Ulisse Dini 7, aMilano si inaugura la mostra “Vite sul filo – Life on a line: Arte a Gaza. Sguardi nella vita di un campo profughi"
Si tratta dello Shaty Camp di Gaza, visitato nel Maggio 2005
Sono esposti i disegni di Hazem Harb (Gaza, Palestina) e le fotografie di Gabrio Mucchi (Milano, Italia)
Interverranno:
· Irma Dioli, Assessora alla Pace e Cooperazione Internazionale della Provincia di Milano; Alessandro Pezzoni, Consigliere Provinciale e Rappresentante del Comitato di Coordinamento della Casa della Pace;· Gabrio Mucchi, autore delle fotografie; Hazeem Harb, autore dei disegni; Mohammed Joha dell’associazione culturale palestinese Windows from Gaza.


La mostra rimarrà aperta la pubblico fino al 24 novembre 2006 da lunedì a venerdì dalle ore 10.00 alle 17.00, sabato e domenica solo su prenotazione di gruppi

Per informazioni e prenotazioni: Ufficio Pace 02-77404477 / 02-847477271

PROGETTO "PACE - Lavori In Corso

Il progetto “Pace: Lavori in Corso” nasce dalla volontà di avvicinare il maggior numero di persone possibile alla questione palestinese attraverso diversi canali: abbiamo realizzato dibattiti presso associazioni culturali, enti locali e pubblici esercizi sullo sfondo della mostra fotografica itinerante “Sguardi Profughi”, di cui è stata prodotta anche una versione video. Partecipare per informare, con il preciso obiettivo di riempire il vuoto lasciato dai media. Di qui la scelta di supportare la produzione e la diffusione di “Eye Witnesses” (“Testimoni Oculari”), il nuovo lavoro documentaristico di Wajdi e Ashraf, due amici palestinesi impegnati ogni giorno nei Territori Occupati per ridare una piccola fiammella di speranza a chi vive in mezzo ad un focolaio di odio.

Ciò che sta accadendo laggiù è risaputo, ma evidentemente non basta.
C’è bisogno di informazione libera. E di PARTECIPAZIONE.

PARTECIPIAMO nasce per iniziativa di un gruppo di giovani che dedicano gran parte del loro tempo libero a molteplici attività a sfondo politico e sociale sul territorio di Milano. Volontari di associazioni e ONG che nell’autunno del 2004 hanno deciso di mettersi in comunicazione e alimentare così una rete di persone desiderose di confrontarsi, mettersi in discussione e condividere informazioni per muoversi insieme verso nuovi orizzonti sulle basi di valori comuni. Dopo essersi rivelato un utile strumento di aggregazione e informazione, Partecipiamo prova a spingersi oltre con l’adozione di questo progetto.

per altre info vedi: www.partecipiamo.org

MUÇA, IL “POETA CLANDESTINO”, EDITORE FAI-DA-TE

Cimea Muça è un poeta. È albanese di Cerme, un pese vicino a Durazzo. È arrivato in Italia nel 1991. ha vissuto 5 anni da “clandestino”, ha fatto il lavapiatti a Como, il manovale e l’imbianchino, l’operaio, il netturbino, l’addetto alle pulizie… come un immigrato qualsiasi… ma con la passione della scrittura: esplosa quando aveva 15 o 16 anni e quando cominciò a buttar giù poesie, racconti, drammi. Da qualche tempo scrive anche in lingua italiana. Si definisce “un poeta clandestino in attesa di una sanatoria letteraria”.
Dopo aver saggiato l’ingordigia degli squali dell’editoria a pagamento, che definisce “capitalisti di rapina” ha deciso di mandarli ha quel paese e ha creato una piccola ma originalisima casa editrice, AlbaLibri. Il sito è:
http://www.albalibri.com

14.11.06

VIVA EL CARRETE!

Abbiamo ricevuto in anteprima le bozze del numero 40 della rivista El Carrete: è una bomba!!
Parola di PENSIEROinMIGRAZIONE….
Non solo è zeppo di articoli interessanti (cogliendo fior da fiore: l’intervista alla deputata Mercedes Frias, la nascita di Casa Yemany, centro culturale afro-latino; notizie sulle elezioni in Brasile ed Ecuador; la cronaca della protesta contro la campagna xenofoba dei media italioti da parte degli immigrati di Milano; l’articolo sul “Decreto Flussi 2006”…), ma annuncia la nascita dell’Associazione giornalistico-culturale El Carrete. una nuova realtà associativa che arricchirà il sempre più vivace mondo dell’antirazzismo e dell’intercultura. Per saperne di più cercate le informazioni in merito sul sito www.carrete.org
PENSIEROinMIGRAZIONE augura tutto il bene possibile agli amici e alle amiche de El Carrete e assicura sin d’ora la propria piena disponibilità per ogni collaborazione

8.11.06

E' MORTO P.W. BOTHA, "IL COCCODRILLO": A MAI PIU'!

Ricevo da Annalix questa corrispondenza dal Sudafrica

La scorsa settimana, il 31 ottobre, è morto Pieter Willem Botha, anche detto "il grande coccodrillo". Il funerale si svolge l'8 novembre, probabilmente mentre leggete queste righe. Ex primo ministro e poi presidente del Sudafrica (1978-1989), uomo dipunta del National Party di tendenze filo-naziste, P.W. è stato responsabile delle sanzioni contro il Sudafrica, non avendo voluto spostare di un millimetro la sua politica, né a fronte delle pressioni interne né di quelle internazionali. Sebbene abbia anche fatto piccole e limitate concessioni ai non-bianchi, come istituire due separate camere parlamentari per i neri e i coloured e abolire il divieto dei matrimoni misti, non si è mai sognato di modificare l'intero sistema elettorale (le leggi approvate dalle camere dei neri e dei coloured valevano solo per quelle comunità) e ha rifiutato ostinatamente ogni trattativa con l'ANC. Durante i suoi mandati la libertà di parola è stata fortementelimitata, è stato dichiarato lo stato di emergenza e migliaia diattivisti sono stati incarcerati senza processo, torturati, uccisi. P.W. Botha non si è mai pentito dei crimini commessi durante l'apartheide non ha mai chiesto scusa. Quando è stato ufficialmente chiamato a rendere la sua testimonianzadavanti alla Commissione per la Verità e la Riconciliazione si èrifiutato di comparire e in un'intervista recente ha dichiarato di nonavere alcun rimorso per il modo in cui ha governato il Paese nel corsodel suo mandato.Il governo ha offerto un funerale di stato, come per tutti gli ex-presidenti, ma la famiglia ha rifiutato.Pieter-Dirk Uys, artista sudafricano, è proprio in questi giorni intournée uno spettacolo in cui impersona Botha. Il fatto che sia mortonon fermerà lo spettacolo, dice: "Botha è parte della storia del nostroPaese e più che mai è importante ricordare da dove veniamo per poterveramente festeggiare dove stiamo andando".Ma "la gente" che pensa?
Kabelo, studente di 22 anni, lo ritiene un simbolo permanente dell'apartheid: "attraverso le sue azioni crudeli verso i neri ha contribuito a formare una pessima immagine dei bianchi, ma non tutti ibianchi erano come lui a quei tempi, alcuni hanno contribuito attivamente alla lotta contro l'apartheid". Una donna israeliana che vive in Sudafrica da 40 anni ha detto che lamorte di Botha "è la cosa migliore che sia capitata in questo Paese; lagente può parlare di perdono, ma la sola giustizia che rimane in questomondo per quelli come lui è la morte". Henry, di 62 anni, non ha vergogna per quello che Botha ha fatto, "perché la vita per i bianchi era diversa durante l'apartheid, mentre adesso non ci sono più zone sicure per loro e la criminalità aumenta dicontinuo".
Navy, che ha 36 anni e vive a Soweto, dice: "Ma che cavolo è un funeraledi stato? Una volta che uno è morto è morto, fine della storia. Tanto più che Botha rifiutava di accettare il fatto che il governo ècambiato, e che i bianchi non comandano più".
Infine, il già citato Pieter-Dirk Uys: "penso che sia una cosa dacelebrare. Non parlo della morte di un vecchio e irrilevante dinosaurotestimone di un'era di barbarie, ma del fatto che, nonostante tuttoquello di cui è stato responsabile, P.W.Botha è morto pacificamente incasa sua. Non in prigione. non in esilio. Questo la dice lunga sulla nostra attuale giovane democrazia. Una risata che vi seppellirà".